Grind on the Road

Backworld

Written by:Downpour
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Original rating:★★★★☆

I bolognesi Disease Illusion arrivano finalmente all’esordio discografico con questo Backworld, edito da Ultimahate Records, che segue il fortunato EP Reality Behind The Illusion Of Life targato 2008. I nostri, forti di una consolidata e duratura esperienza live che li ha visti fare da spalla tra gli altri a band del calibro di Aborted, Bleeding Through e Dying Fetus, riversano tutta la loro maestria sugli strumenti in un primo capitolo discografico davvero notevole. L’influenza principale, che si nota sin da subito, è quella del Gothenburg sound tanto caro a primi In Flames e Dark Tranquillity unito ad una buona dose di tecnica che tanto manca a molte delle band che sommergono ormai un mercato molto inflazionato come quello della musica metal.

”Last Murder” è il primo pezzo del lotto: arpeggi tipicamente swedish si intrecciano a linee vocali in screaming che strizzano l’occhio a quelle di Marcus Bischoff degli Heaven Shall Burn, che risulta essere una influenza più che marginale per il cantante Fabio Ferrari; “Eyes of Medusa” e la successiva “Predator” non lasciano scampo all’ascoltatore, tenendolo sempre all’erta con un gusto nelle soluzioni stop n go davvero sublime: i nostri non si limitano mai a suonare a velocità supersoniche, ma sono fautori di rallentamenti (da non fraintendere coi soliti breakdown) molto ricercati.

L’unione quindi di momenti molto estremi ad alcuni sul limite della claustrofobia e del doom rendono questo Backworld un lavoro sincero dove molti dei clichè metal per eccellenza vengono messi da parte a favore di un gusto così “old” raro da ritrovare in bands che sfornano album nel 2011.

Pathos, potenza e melodia sono sempre al centro di questo disco e sono sensazioni che non possono non essere notate nell’ascolto di pezzi come “Denied” e “The Truth”, dove l’alone tipicamente nord europeo del loro sound trova l’apice dell’espressione nei cambi di ritmo e in una produzione ottima. Specie in lavori “complessi” come questo essa gioco un ruolo fondamentale, in quanto i riff intricati di chitarra devono unirsi in maniera perfetta ai fill di batteria e risultare omogenei per poter donare al tutto una dimensione reale e non suonare di “plastica”.

Se vi è una pecca è forse quella che alla lunga i ragazzi emiliani tendono a calcare la mano su soluzioni fin troppo fini a se stesse, si tendono a ripetere, e la cosa si nota specialmente dopo qualche ascolto più approfondito, ma questo non è di certo un motivo per dare un voto negativo ad un lavoro come il loro. Nonostante tutto, i nostri sono solamente al secondo lavoro in studio e siamo certi che col passare del tempo e con l’esperienza che acquisiranno concerto dopo concerto, sapranno limare anche qualche piccola imperfezione dovuta all’essere così derivativi.